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Il problema dell'articolo 68 è che dice vagamente che la PA puo' scegliere liberamente tra le varie offerte del mercato seguendo criteri di economicità. Mi chiedo: c'era bisogno di fare una legge per dire questo? Il compito delle regole non dovrebbe essere quello di creare un cammino (piu' o meno stretto) verso un direzione ben precisa?
Il problema è che sul breve periodo è facile far sembrare piu' economico acquisire una licenza di software proprietario piuttosto che assumere uno o due tecnici a tempo indeterminato che si occupino di integrare il sistema adattando gli strumenti open già esistenti.
Secondo me la normativa esistente è inefficace proprio perchè non regola un bel nulla.
Se l'obbiettivo è quello di facilitare sempre e comunque il software libero anche quando questo e inadeguato o particolarmente costoso, si possono fare norme diverse.
Se il criterio deve essere quello (a mio parere giusto) di soppesare vantaggi svantaggi e costi e decidere di conseguenza mi sembra che la norma vada benissimo.
Tra l'altro questa norma è stata introdotta da pochissimo (credo governo monti a dicembre 2012) quindi non so come fai a stabilire che non funziona.
Va anche detto che è già previsto lo sviluppo di una nuova rete per la p.a. che consentire di modificare radicalmente le modalità di utilizzo dei software (di conseguenza anche di acquisto), verranno creati diversi data center al servizio di tutta la p.a. (non so se è già iniziata la gara) e spariranno i vari data center locali che offrono poche garanzie.
Comunque in linea generale una p.a. che aprioristicamente favorisce una soluzione piuttosto che un'altra prescindendo dai costi non è una p.a. onesta e non ha futuro.
L'obbiettivo della legge non deve limitarsi a dire alle PA dove e come devono andare a comprare software.
Bisogna che si parta dalla formazione nelle scuole creando persone capaci di usare lo strumento software in modo approfondito con capacità di "astrazione" senza limitarsi a diventare esperti di un prodotto specifico (open o closed che sia).
Se le PA fossero spinte a creare un network di tecnici informatici (igegneri, programmatori...) che creino e utilizzino strumenti in una logica open-source, non vedo dove sia il problema. Qualora dovesse esistere un software solo closed questi tecnici potrebbero in modo collaborativo creare una loro soluzione open e ridistribuirla a tutti gli altri. Esistono già degli istituti di ricerca che operano a fianco della PA (CINECA, ex CASPUR, CILEA) e che potrebbero aiutare in questa direzione. Bisogna che si faccia una scelta chiara e netta di investimenti a lungo termine.
Comunque devo ancora capire quali sono i software open che sul lungo periodo siano piu' costosi.
Tutti gli uffici pubblici potrebbero tranquillamente passare d MS Office a Open(Libre)Office, perchè non lo fanno? Perchè gli si da la possibilità di non cambiare? per pigrizia? non lo so.
Qualsiasi cosa venga fatto dal software chiuso puo' essere fatto con software open già esistente, o puo' essere fatto modificando software open già esistente, bisogno solo creare un meccanismo che lo permetta in modo efficiente.
2 - A mio parere non è compito della p.a. fare ricerca, spetta alle università e alle imprese. La p.a. deve gestire bene ed economicamente il suo lavoro. Io, impresa, do il 64% del mio guadagno alla p.a. e questa dovrebbe spendere soldi per farmi concorrenza ? mi suona male.
3 - Per fare questo (gestire bene le proprie attività) ci sono soluzioni open adeguate per certi usi (scrivania, siti web, centralini, ) e ci sono soluzione open che se applicate su volumi significativi creano qualche problema. Non ho mai visto una gestione di 13mila computer in ambiente linux ma in ambiente windows sì, e so che funziona e specialmente nei db server non vedo spesso archivi con miliardi di record e migliaia di transazioni orarie che non siano Oracle o Microsoft, sicuramente altre soluzioni ci sono, ma non vorrei diventare un "fu mattia pascal" per colpa di un db server non proprio affidabile.
Concludendo:
1 le norme per l'adozione del software libero, ci sono. Se qualche cosa va migliorata occorre agire su quella norma o su circolari attuative.
2 lo sviluppo delle soluzioni software nella p.a. può e deve cambiare grazie alla rete che collegherà tutti gli uffici pubblici e consentirà utilizzi diversi anche dei software attuali. (vedi ad esempio fattura elettronica, il servizio è centralizzato e con 1 sola applicazione vengono serviti tutti gli enti pubblici )
3 La politica non deve sostituire la tecnica, gli ingegneri hanno i loro compiti che devono svolgere con perizia e coscienza, non sta al politico stabilire la dimensione di un pilastro in cemento armato, semmai sta a lui stabilire a che altezza deve arrivare il fabbricato, ma i calcoli li deve fare l'ingegnere in assoluta libertà, perchè l'edificio deve stare in piedi, non deve soddisfare le voglie di una parte o di un'altra.
L'Università Pubblica e il CNR sono enti statali che fanno ricerca, eh sì lo stato fa ricerca eccome. Il problema stà proprio nelle distinzioni, nel pensare che sia a priori impossibile che possa nascere un istituto nazionale di ricerca per la progettazione di software open source (per fare un'esempio). E poi chi lo dice che le aziende debbano fare ricerca solo proteggendola con licenze proprietarie? Non si potrebbe pensare a sistemi di incentivi fiscali per aziende che producono software (o hardware) open-source?
Torni a suggerire che l'affidabilità sia propria solo del software proprietario, vogliamo discutere seriamente o questo thread si sta trasormando in un flame "Linux contro Windows"? Open-source non vuol dire automaticamente Linux come Closed-Source non vuol dire solo Windows.
L'affidabilità dei sistemi open-source è proporzionale all'ampiezza e alla competenza della comunità degli sviluppatori. Credo che uno stato che decidesse di investire sull'open-source dovrebbe investire nel creare una comunità decentrata di sviluppatori che collaborino e al contempo operino sul territorio. Forse sono un sognatore e sto proponendo una cosa impossiblie, ma se mi si deve criticare vorrei che venisse fatto con considerazioni concrete e non preconcette come mi sembrano che siano quelle sollevate fino ad ora.
Gli articoli 68 e 69 del DECRETO LEGISLATIVO 7 marzo 2005, n. 82, a mio parere vanno benissimo, se dovessi aggiungere o togliere delle parole non saprei dove farlo e nessuno ha proposto modifiche precise.
La Scuola e la ricerca a mio parere dovrebbero essere ESENTATI dall'articolo 68, perchè loro e solo loro possono fare scelte anti economiche per il perseguimento del loro fine che è la scoperta di nuove soluzioni.
Per cui non c'entra nulla linux o windows, si parla genericamente (e così deve essere una norma ) di :
a) software sviluppato per conto della pubblica amministrazione; b) riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione; c) software libero o a codice sorgente aperto; d) software fruibile in modalita' cloud computing; e) software di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso; f) software combinazione delle precedenti soluzioni.
E si da un ordine preciso di scelta che può essere diverso solo se motivato. Viene previsto il registro centrale e tutto quanto serve.
I problemi del Cad (Dlgs 82/2005) sono altri, ad esempio l'art. 71 che ancora attende una regolamentazione e le bozze pubblicate non sono convincenti. e altre cose. Ma gli art. 68 e 69 a mio parere rientrano tra le norme valide , da attuare cosi come sono.
Spesso quegli ambienti MS che gestiscono tredicimila pc, sono ambienti virtuali MS che girano su software di virtualizzazione Unix. A volte si può risparmiare un pò di licenze nei vari passaggi. Per cui mi riallaccio al discorso di Andrea Coletta per ciò che riguarda la formazione ed assunzione di: tecnici specializzati che accompagnino ed aiutino la p.a. nella gestione IT degli uffici e dei servizi.
Era solo un esempio senza pretesa di dire questo è meglio di quello. Un giorno da un cliente abbiamo aperto il network manager e ho notato che ci ha messo un pò. Alla mia osservazione "è un pò lento" , ne ha aperto un altro e ci ha messo il doppio. Casualmente erano su due s.o. diversi.
Magari il punto 3 andrebbe approfondito, visto che entrambe le cose (reti aziendali con più di 10.000 client con S.O. aperto e DB ad altissimi requisiti basati su Linux o BSD) sono ormai realtà rispettivamente minoritarie ma in crescita e quasi monopolio (e non si parla solo di Google, ma di PA in mezzo mondo, centri di ricerca etc).
ps: credo pure io che non ci dovrebbe essere un imosizione di legge sul tipo di software, ma requisiti stringenti su interoperabilità e affidabilità dei sistemi e trasparenza dei costi, poi ogni amministrazione renda conto ai suoi amministrati.
Concordo con il fatto che in molte amministrazioni pubbliche MS Office potrebbe essere benissimo sostituito con Open(Libre)Office, risparmiando una considerevole cifra spesa oggi in licenze. La stessa cosa potrebbe valere per altri programmi piu' specifici come ad esempio Quantum GIS, un programma che si occupa di cartografia e georeferenziazione dei dati che è un ottimo sostituto al suo omologo commercializzato dalla ESRI.
Ma la stessa cosa può valere per i sistemi operativi. Una versione Linux quale Ubuntu può sostituire benissimo i sistemi operativi della Microsoft.
Una scelta di questo tipo non va ad inficiare la creazione di applicativi utilizzabili su vasta scala per la gestione di banche dati quali un anagrafe centralizzata. Sono due aspetti perfettamente integrabili.
In questo momento nelle scuole si fa praticamente utilizzo solo di programmi Microsoft. A precisa domanda sul perchè la risposta e' stata che non sono sostenibili gli alti costi di conversione delle docenze a software os.
Valutare se inserire espresso riferimento nel testo di legge relativamente a potenziali onlus e altre organizzazioni di volontariato che possono svolgere agevolare la transazione del personale docente.
Allora le licenze dei database su microsoft costano un sacco di soldi
per esempio mysql e postgres sono database senza costi se proprio ti serve oracle
funziona bene anche sugli unix vari da bsd linux etc etc... ma ne devi avere la necessita' per spendere soldi alle spalle dei contribuenti
Con gli unix in genere per ogni macchina installata puoi avere fino 65535 utenti e sul lato server e network e' uno dei sistemi piu' stabili che esistano infatti internet e' basata su di essi e non su microsoft, OSX che e' il sistema operativo di mac al suo interno ha un kernel bsd cioe' unix ed infatti e' un sistema molto stabile altra cosa non a virus e nemmeno lo unix o il linux ne ha.
La cosa che maggiormente vedo e' che mancano programmi specializzati per fare video per e audio con la qualita' di quei programmi industriali per quanto riguarda tutte le applicazioni di software libero un semplice linux al suo interno ne ha piu' di trentamila cio' vuol dire una rosa di sfumature di applicazioni che va da giochini stupidi fino al calcolo numerico piu' spinto passando per esempio a softwares come vista che servono a gestire ospedali a livello nazionale usati in america da almeno 30 anni mi pare qui che ci sia come al solito poca informazione e che non si capisca la profondita del software libero faccio presente che in China gia' dal 2007 erano stati stanziati milioni di euro per lo sviluppo di software libero come leggevo su libri di managment al tempo comunque valutate meglio che i vantaggi sono enormi sia dal punto di vista economico che dal punto di vista umano un software libero e' un bene dell'umanita' uno proprietario e' un bene per le tasche della societa' che lo produce e non della comunita' quindi a mio avviso il software libero e' di gran lunga piu' etico di quello proprietario e poi comunque sia e' un bene che appartiene a tutti noi sempre.
a mio parere le scelte tecniche non vanno messe nelle norme, la norma così come è formulata è buona, la scelta tecnica va fatta sulla base dei singoli progetti , esigenze etc.dagli addetti ai lavori specifici.
La scelta software libero o proprietario NON è una scelta tecnica ma politica. Se ci sono attualmente insufficienze del software libero rispetto al proprietario sarà compito degli enti di ricerca pubblica, necessari a supportare la scelta politica, a sanare le inadeguatezze.
Non so se sia vero o meno che le leggi non debbano contenere scelte tecniche, non sono un esperto di diritto, pero' credo che se la legge dice solo che la scelta deve essere fatta secondo criteri economici, a mio avviso è una legge inutile, che non impedisce che un amministratore pubblico (magari approfittando di un'offerta proposta dalla ditta privata comprendente un bel computer desktop, stampante, laptop e tablet) possa scegliete un software a pagamento, magari con un costo immediato piu' basso, ma di mediocre qualità (e che necessiterà di consulenza esterna) rispetto ad investire sull'open-source nel lungo periodo facendo formazione e creando un ufficio tecnico informatico.
Se questo modo di procedere fosse largamente diffuso a tutti i livelli e organizzato (non lasciato alla buona volontà dei singoli amministratori) credo che si produrrebbe sia occupazione di alto livello, integrazione con centri di ricerca e un miglioramento dell'efficienza burocratica.
se posso aggiungere.... partirei, nella norma, con l'obbligo di utilizzare solo formati open per i dati della PA, nelle scuole e negli ospedali, a seguire il testo completo sull'uso obbligatorio del software open, eventualmente calendarizzando i due step in momenti diversi, così da non dover sostenere spese economiche abbastanza elevate nell'immediato.
I programmi open source hanno principalmente due difetti:
1. "chiunque" potrebbe manometterli
2. devono essere adattati a casi specifici
Per rimediare suggerirei di affidarne la cura ad una università da scegliere, che ne cura la sorveglianza, la messa in sicurezza, l'adattamento e l'intervento in casi di manutenzione.
Trattandosi di programmi, il lavoro può essere svolto, attraverso la rete, comodamente da qualsiasi luogo, nel caso dall'università responsabile, senza movimento di persone.
Inoltre l'università del caso funziona da laboratorio pratico per gli studenti, che in questo modo non devono necessariamente essere retribuiti.
Non e' vero che chiunque puo' "manomettere" un sistema perche' "open source". La disponibilita' del codice sorgente, al contrario, irrobustisce i sistemi attraverso la continua revisione da parte di qualunque altro programmatore e/o utente.
Stimolare la partecipazione degli studenti universitari al "peer review" e' un'ottima idea, come anche far partecipare i tecnici/adattatori locali alle comunita' di utenti (o sviluppatori) dei software in uso presso la struttura.